LETTERA IN VISTA DEL 18 MAGGIO

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«Ricordati della carestia nel tempo dell’abbondanza»(Sir 18, 25).

Per una graduale ripresa delle celebrazioni liturgiche col popolo

Carissimi presbiteri, diaconi, consacrati/e, laici
1.Ripresa graduale delle celebrazioni eucaristiche dal vivo. Il 7 maggio 2020 è stato
firmato un Protocollo di intesa tra il governo italiano (rappresentato dal presidente del
Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, e dal Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese)
e la Conferenza Episcopale Italiana (nella persona del presidente, il card. Gualtiero
Bassetti) circa la ripresa graduale delle celebrazioni liturgiche col popolo, “nel rispetto
della normativa sanitaria e delle misure di contenimento e gestioni dell’emergenza
epidemiologica da SARS-CoV-2”.
Pur rimandando al Protocollo, che si presenta già da sé come un testo chiaro e
scevro da equivoci, richiamiamo in modo ancora più schematico gli accorgimenti da
osservare, senza aver prima proposto delle riflessioni in merito al valore e al senso della
Liturgia e, in particolare, alla centralità insostituibile dell’Eucaristia nella vita della
Chiesa.
In ogni celebrazione liturgica, infatti, è Cristo-Capo che convoca e presiede il
culto pubblico del popolo di Dio, che partecipa pienamente, consapevolmente e
attivamente (actuosa partecipatio) per rendere al Padre il culto dovuto con la potenza
dello Spirito Santo (SC 14.)
La celebrazione eucaristica, a sua volta, è il rendimento di grazie per eccellenza,
mediante il quale la Chiesa, Sposa di Cristo, convocata intorno alla mensa della Parola
e dell’Eucarestia, ascolta Lui che è la Buona Notizia e si ciba di Lui, che è il farmaco
d’immortalità. Mediante l’invocazione dello Spirito Santo, in ogni azione liturgica è
Cristo che ci parla e ci dona la sua vita, rendendoci partecipi della sua morte e
risurrezione, così come ci ricorda Sacrosanctum Concilium 7: «Per realizzare un’opera
così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni
liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo
egli stesso che, “offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il
ministero dei sacerdoti”, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la
sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza.
È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la
sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso:
“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt 18,20)».
Certamente questo incontro dal vivo in questi mesi è mancato, ma attraverso i
social, abbiamo avuto la possibilità di alimentare il nostro cammino di fede

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partecipando se pur virtualmente alle azioni liturgiche. Ora che la pandemia sembra
essere gradualmente sotto controllo, questo incontro non si può più rimandare perché,
per noi cristiani è vitale, proprio come l’aria che respiriamo e non possiamo più stare in
apnea.
1. «Ricordati della carestia nel tempo dell’abbondanza, della povertà e dell’indigenza
nei giorni della ricchezza» (Sir 18, 25). Con le parole ispirate, tratte dal Libro del
Siracide, mi rivolgo a voi, carissimi fedeli, che dopo questo tempo di isolamento, con
prudenza e pieno rispetto delle regole, potrete di nuovo accostarvi all’Eucaristia e agli
altri sacramenti, per alimentare la vostra vita di fede ed essere nel mondo come il
«lievito, che una donna ha preso e impastato con tre grosse misure di farina. Allora il
lievito fa fermentare tutta la pasta» (Lc 13,21). Il tempo che abbiamo vissuto
impedendoci di accostarci alla sorgente della grazia sacramentale è stato certamente un
tempo di carestia. Ed è proprio nella carestia che un popolo si rende conto
dell’abbondanza che gli era concessa, di un dono forse troppe volte sciupato: quante
comunioni ricevute superficialmente, distrattamente o abitudinariamente! Quante
occasioni mancate per rinsaldare i nostri legami di vera comunione tra i membri della
comunità parrocchiale! Ora che si intravede la luce della normalità, accogliamo il saggio
invito del Siracide e ricordiamoci della carestia per non ricadere negli stessi errori di
prima! Riflettiamo, pertanto, sul valore profondo dell’Eucaristia, centro della vita
sacramentale, presenza reale del Verbo eterno del Padre, incarnato nel seno di Maria,
morto, sepolto, risorto e asceso al cielo, per dirla con S. Tommaso Cristo in persona
(cfr. STh III, q. 65, a. 3, ad. 3), di modo che, ritornando gradualmente ad accostarci al
banchetto eucaristico, forti dell’esperienza che abbiamo vissuto, non ce ne
dimentichiamo finendo ancora una volta per scadere nell’abitudine o nella distrazione.
2. Non si dà vita sacramentale senza riferimento a Cristo e alla Chiesa. Per dirla
con sant’Agostino, non si dà vita sacramentale senza riferimento al Cristo totale
(Christus totus), ovvero senza il Cristo, capo del corpo, costituito da molte membra,
tante quante sono i membri a pieno titolo inseriti nella compagine ecclesiale. Cibandoci
dell’Eucaristia, ci nutriamo del corpo di Cristo. Di questo corpo sono membra, con noi,
anche i nostri fratelli, mediante il Battesimo, incorporati a Cristo, pietra vivente
dell’edificio spirituale e reale che è la Chiesa. Ci ricorda s. Agostino: «Se dunque avrete
in lui la vita, sarete con lui in una sola carne. Non è infatti che questo sacramento dia
il corpo di Cristo per poi lasciarvene separati» (Serm. 228B, 3-4). Urge ricordare che
non si può essere in comunione con Cristo se siamo divisi fra noi, se non siamo in
comunione con l’Apostolo di Cristo, col Vescovo, col parroco, con tutti i membri delle
nostre comunità parrocchiali. Non basta celebrare l’Eucaristia, bisogna diventare
“Eucaristia”! Con le parole di s. Giovanni Crisostomo, meditiamo: «Che cos’è il pane
consacrato? Corpo di Cristo. E che cosa diventano coloro che si comunicano? Corpo
di Cristo. Non molti corpi: un Corpo solo, quello di Cristo» (Omelie sulla I Lettera ai
Corinzi, 24, 2).

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3. Attenzione alla “virtualizzazione della liturgia”. Seguendo papa Francesco,
che in una sua omelia a Santa Marta ha sollevato l’attuale problema della
“virtualizzazione della liturgia”, invito tutti voi a distinguere tra la
visione/partecipazione alla Santa Messa via social e la partecipazione reale, vera
celebrazione e attualizzazione del mistero del sacrificio della croce, realizzazione del
sacro convivio in cui ci cibiamo del Cristo realmente presente sotto le sacre specie,
celebrazione della Pasqua del Signore e della sua comunità di pietre viventi, che sono
da lui stesso inviate nel mondo: Ite Missa est. Immolazione della vittima e comunione
con la vittima immolata sono una cosa sola: si immola la vittima e la si mangia come
segno di vita redenta e risorta. Chi mangia la vittima non è la singola persona, ma il
corpo di Cristo, ovvero il suo popolo di pietre viventi convocato da tutto la terra. Il corpo
di Cristo è fatto di fedeli e di presbiteri: il popolo offre, il presbitero immola, ma
presbitero e fedele mangiano la stessa vittima risorta per noi uomini e per la nostra
salvezza. Se non si parte dalle verità del sacrificio, dell’immolazione e della comunione,
vero mangiare il corpo e vero bere il sangue, nulla si comprende della Santa Messa, che
ci è mancata in questo tempo di coronavirus: è mancato il sacrificio di Cristo offerto,
immolato, consumato. È mancato il popolo di Dio riunito nella casa del Padre. È
mancata la comunione del solo corpo. L’Eucaristia non è soltanto visione, o evocazione,
o ricordo, oppure unione spirituale, è immolazione incruenta del sacrificio che
necessariamente esige una partecipazione reale e non virtuale, dal vivo e non soltanto
nell’evocazione e nel ricordo. In virtù del Battesimo tutti i cristiani, concorrono
attivamente alla celebrazione dell’Eucaristia (cfr. SC 48). Il popolo di Dio non è
spettatore passivo di un rito compiuto dal sacerdote, ma celebra sotto la presidenza del
ministro sacro con la propria presenza attiva e responsabile. Senza l’assemblea presente
con i corpi e i volti, la celebrazione è monca. Tuttavia, non basta guardare e ascoltare da
lontano, bisogna esserci e partecipare anche con le posizioni del corpo, l’ascolto attento,
le risposte al dialogo liturgico, il silenzio orante, il canto, il gesto, i simboli. Quello che
abbiamo vissuto in questi mesi è stato un grosso sacrificio, un’emergenza, che non può
assolutamente essere equiparata alla normalità. Oggi occorre affermare con chiarezza
che partecipare all’Eucaristia e guardare la Messa attraverso uno schermo non si
equivalgono! Abbiamo bisogno di ritornare ad occupare l’aula ecclesiale, pur con tutta
la prudenza e gli accorgimenti sanitari necessari, per sentirci assemblea convocata e
animata dallo Spirito di Dio.
4. L’Eucaristia fonte della missione. Ritornare a celebrare insieme l’Eucaristia
deve, farci riscoprire che è essa la sorgente della missione ecclesiale. Abbiamo già detto
che non si può celebrare ignorandosi reciprocamente: correremmo il rischio di una fede
gnostica, individualizzata in quanto avulsa dalla comunità. Di conseguenza, non si può
celebrare senza farsi carico dei poveri mediante concrete opere di carità, il cui segno
eucaristico resta nella presentazione delle offerte. Non si può celebrare trascurando i
bambini, i ragazzi, i giovani e tutta la dimensione educativa che la fede comporta. Non
si può celebrare dimenticando gli ammalati, i carcerati, gli emarginati. Ecco allora
quanto è vero che la Chiesa fa l’Eucaristia ma che l’Eucaristia fa la Chiesa: quel gesto
di lasciarci convocare, radunare e inviare dal Signore è costitutivo. La fede si vive e si
trasmette celebrandola, non è una devozione individuale ma un atto comunitario.

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Facciamo dell’Eucaristia la nostra “autostrada per il cielo”, così come amava dire il
prossimo beato Carlo Acutis, che fin dalla tenera età ne ha scoperto il senso profondo.
Tutto ciò acquista senso se saremo capaci di calarci nella storia degli uomini, di
“sporcarci le mani”, condividendone sofferenze e problemi, come ha fatto Gesù ed al
suo seguito hanno fatto i santi della carità. Interroghiamoci dunque sulla nostra
“autenticità”, termine da intendere non soltanto come “sincerità”, ma anche come ricerca
della verità e della rettitudine nei rapporti con Dio e con gli altri, come la ricerca di
trasparenza nel proprio essere e agire. L’uomo, il cristiano autentico è vero, leale,
sincero, verace, franco, retto, semplice, schietto d’animo, non doppio, furbo, ipocrita.
5. Regole di prudenza. Condivido con voi queste semplici riflessioni che spero
vorrete fare oggetto di catechesi con i vostri fedeli. Le credo necessarie per poter essere
più consapevoli del mistero che celebriamo e dal prossimo 18 maggio, celebreremo
insieme, nel pieno rispetto delle regole del Protocollo di intesa, del quale vi do una breve
sintesi, quasi come un vademecum, che ci si domanda di esporre anche ad valvas
ecclesiae (al portone della chiesa).
Si consiglia di utilizzare in questa fase l’edificio ecclesiale più capiente nel territorio
parrocchiale.
A. Per l’accesso e l’uscita dai luoghi di culto:
1. Non puoi accedere in chiesa (o negli ambienti all’aperto previamente identificati
per la celebrazione) se hai sintomi influenzali-respiratori o in presenza di
temperatura corporea pari o superiore ai 37,5° C.
2. Hai l’obbligo di indossare la mascherina per tutta la tua permanenza nel luogo di
culto (al chiuso o all’aperto).
3. All’ingresso della chiesa, che sarà stata preventivamente aerata ed igienizzata,
troverai la soluzione igienizzante per detergere le mani. Non troverai l’acqua santa
nell’acquasantiera.
4. Evita assembramenti (osservando le regole che ogni parroco indicherà sulla base
dell’effettiva capienza dei luoghi di culto) e mantienisempre la distanza di almeno
1,5 metri (sia lateralmente che frontalmente e anche se appartieni al medesimo
nucleo familiare) e siediti dove ti verrà indicato dal sacerdote (o dai volontaricollaboratori).
5. Segui le indicazioni del sacerdote (o dei volontari-collaboratori) in merito alle
uscite stabilite e mantieni sempre la distanza interpersonale di almeno 1,5 metri.
B. Durante le celebrazioni
6. Non ci sarà lo scambio del segno della pace.
7. La distribuzione della Comunione avverrà senza contatto delle mani con il
ministro, che indosserà guanti e mascherina. Durante la processione per ricevere
la Comunione, mantieni la distanza di sicurezza. Presenta le tue mani ben stese al
sacerdote e ti ciberai del corpo di Cristo dinanzi a Lui.
8. Le eventuali offerte saranno raccolte attraverso appositi contenitori, collocati agli
ingressi o in altri luoghi idonei, indicati dal sacerdote.
9. La Confessione (che consente a chi è in peccato grave di chiedere e ottenere il
perdono) avverrà in luoghi ampi e areati e sia il sacerdote che il penitente
indosseranno sempre la mascherina.

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Durante le celebrazioni dei funerali, trigesimi e anniversari di morte rispettare il
numero massimo dei partecipanti che possono accedere all’aula liturgica. Sono
vietate le condoglianze.
6. Conclusione. Vi scrivo nel giorno in cui la Chiesa ricorda la memoria di Nostra
Signora di Fatima. In questo tempo di pandemia, spesso abbiamo invocato o sentito
invocare i santi pastorelli Giacinta e Francesco, anch’essi vittima di una pandemia, la
famosa “spagnola”. Giacinta sperimentò la solitudine dell’ospedale nei suoi ultimi
momenti, mentre Francesco si spense tra le mura domestiche. Il messaggio di Fatima,
cui i pastorelli ci richiamano, può essere riassunto principalmente come un invito alla
penitenza e alla preghiera. Nelle apparizioni del 1916, l’angelo avrebbe indicato ai
bambini la contrizione con quale pregare, spiegando loro la grande importanza del
compiere sacrifici in riparazione delle offese commesse contro Dio e, nella sua ultima
apparizione, avrebbe mostrato il modo consono di ricevere il sacramento dell’Eucaristia:
«Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli
uomini ingrati. Riparate i loro delitti e consolate il vostro Dio». Questo messaggio è
sempre vivo e attuale: accogliamolo per accostarci nuovamente e con somma devozione
all’Eucaristia.
Invito tutti voi, a meditare ed approfondire con senso di responsabilità, questa mia
Lettera, nonché ad attenervi a queste indicazioni anche per senso di responsabilità in
caso di controlli. La prudenza è necessaria per evitare che il rischio del contagio ritorni
in mezzo a noi e sarebbe assai brutto che gli edifici sacri fossero fonte di dolore e di
morte, anziché, di vita e rinascita. Intanto, in comunione di fede e di preghiera,
paternamente Vi saluto, chiedendo con voi al Signore per la mediazione di Maria
Santissima, Nostra Signora di Fatima, di liberarci al più presto dal coronavirus e di farci
tornare gradualmente alla normalità, ricordando come ormai lontani i “giorni di
carestia”. Santi, Agazio e Vitaliano, nostri patroni, accompagnate dal cielo i nostri passi
sulla via dell’incontro con i nostri fratelli e sorelle!
Vi  benedico uno ad uno ed una ad una.
Catanzaro, 13 maggio 2020
Memoria della B. V. Maria di Fatima.

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